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L’ORSO DALLA LUNA CRESCENTE

Il testo del racconto è tratto dal libro “Donne che corrono con i lupi” di Pinkola Estès.
In questo caso la lettura del testo non sarà centrata sul ruolo del femminile ma sui ruoli psicodrammatici dei personaggi e delle loro traversie all’interno della storia.
I personaggi della storia verranno visti come se fossero le parti interne di un’unica persona.

Per la lettura consiglio di leggere prima l’intera storia (tute le parti chiare del testo) e solo dopo rileggerla con i commenti (le parti grige del testo).

C’era una volta una giovane che viveva in un profumato bosco di pini. Il marito era lontano, a combattere una lunga guerra. Quando finalmente fu congedato, tornò a casa di un umore assai strambo. Si rifiutò di entrare perché si era abituato a dormire sulle pietre, Stava giorno e notte per conto suo, nel bosco.

Quando le dissero che finalmente il marito sarebbe tornato a casa, la giovane moglie era tanto eccitata, che prese a comprare cibi e a cucinare piatti e piatti e ciotole e ciotole di giuncata di soia, e tre tipi di pesce, e tre tipi di alghe, e riso cosparso di pepe rosso, e dei bei gamberi, grossi e color arancio. Sorridendo timidamente, portò i cibi nel bosco e s’inginocchiò accanto al marito tanto stanco della guerra, e gli offri le stupende pietanze che aveva preparato. Ma lui saltò in piedi e diede un calcio ai vassoi, sicché la giuncata si sparse per terra, il pesce volo per aria, le alghe e il riso si sparpagliarono ovunque e i grossi gamberi arancione rotolarono lungo il sentiero. «Lasciami stare!» urlo, e le voltò le spalle. Era tanto in collera che lei ne ebbe quasi paura, La scena si ripeté più volte, finché, un giorno, disperata, riuscì a raggiungere la caverna della guaritrice che viveva lontano dal villaggio. «Mio marito è tornato gravemente turbato dalla guerra», disse la moglie, «S° infuria continuamente e non mangia nulla. Vuole restare all’aperto, non vuole più vivere con me come un tempo. Puoi darmi una pozione per renderlo di nuovo gentile e affettuoso?» La guaritrice la rassicurò: «Posso fare questo per te, ma mi occorre uno speciale ingrediente, Purtroppo ho esaurito i peli dell’orso dalla luna crescente. Devi dunque arrampicarti su per la montagna, trovare l’orso nero e portarmi un pelo della luna crescente che ha sulla gola. Allora potrò darti quel che ti occorre, e la vita tornerà a essere bella». Alcune donne si sarebbero scoraggiate, altre avrebbero ritenuto impossibile quell’impresa. Ma lei no, perché era una donna che amava. «Oh, ti sono così grata!» disse. «E così bello sapere che si può fare qualcosa.» Si preparò dunque al viaggio, e la mattina dopo prese a salire su per la montagna. E intanto cantava «Arigato-zaishö», che è un modo per salutare la montagna e dirle: «Grazie di lasciarmi salire su per il tuo corpo». Salì sui pendii dove i massi erano come grosse pagnotte di pane. Raggiunse un altopiano ricoperto da un bosco. Gli alberi avevano lunghi rami drappeggiati. e foglie che parevano stelle. «Arigato-zaishö», cantava. Era un modo per ringraziare gli alberi che sollevavano le chiome per lasciarla passare. Così riuscì ad attraversare il bosco e riprese a salire, Ora era più faticoso. La montagna aveva fiori spinosi che si impigliavano all’orlo del kimono, e rocce che le sbucciavano le piccole mani. Strani uccelli neri le volarono incontro nel crepuscolo e la spaventarono. Sapeva che erano muen-botoke, spiriti dei morti che non avevano parenti, e per loro intonò preghiere: «Vi sarò parente. Farò in modo che possiate posare». Salì ancora, perché era una donna che amava. Sali finché vide la neve sulla cima della montagna, I piedi si bagnarono e diventavano freddi, ma lei continuò a salire, perché era una donna che amava. Si scatenò una tempesta, e i fiocchi di neve le entravano negli occhi e nelle orecchie. Accecata, continuava a salire. E quando smise di nevicare la donna cantò: «Arigato-zaisho», per ringraziare i venti che non ‘accecavano più. Si rifugiò in una piccola caverna, così piccola che ci stava dentro a malapena. Aveva del cibo, ma non mangio; si ricopri di foglie e dormì. Al mattino l’aria era tranquilla e fra la neve si scorgevano persino delle pianticelle verdi. Ecco, pensò, è arrivato il momento di trovare l’orso dalla luna crescente. Cercò tutto il giorno e all’imbrunire trovò delle grosse cataste di legna e non ebbe più bisogno di cercare, perché un gigantesco orso nero camminava pesantemente sulla neve, lasciandosi dietro profonde orme. L’orso dalla luna crescente ringhiò ferocemente ed entro nella sua tana. La donna frugò nel suo fagotto e mise il cibo che aveva portato in una ciotola. L’ appoggiò sulla soglia della tana e tornò a nascondersi nel suo rifugio. L’orso senti il profumo del cibo e uscì barcollando dalla tana, ringhiando così forte da far rotolare delle pietre. Girò un po’ di volte attorno al cibo, più volte saggiò il vento, poi inghiotti tutto in un sol boccone. Il grande orso si rialzò, di nuovo annusò l’aria e spari nella sua tana. La sera dopo la donna fece la stessa cosa, ma questa volta dopo aver deposto la ciotola non tornò nel suo rifugio e si fermò a mezza strada. L’orso sentì l’odore del cibo, usci dalla tana, ringhiò da scrollare le stelle dai cieli, girò attorno, molto cautamente saggiò l’aria, ma alla fine inghiottì il cibo e tornò nella tana. La cosa continuo per parecchie sere, finché in una scura notte blu la donna senti di avere abbastanza coraggio da aspettare ancor più vicino alla tana dell’orso. Mise il cibo nella ciotola accanto alla tana e lì rimase in piedi, in attesa. Quando l’orso sentì l’odore e uscì, vide non soltanto il solito cibo ma anche un paio di piccoli piedi umani. L’orso volto Il capo e ringhiò tanto forte da farle ronzare le ossa. La donna tremava, ma restò al suo posto. L’orso si ripiegò sulle zampe posteriori, spalancò le fauci e ringhio tanto che la donna poté vedergli il palato rosso e marrone. Ma non si diede alla fuga. L’orso ringhiò più forte e allungò le zampe come per atterrarla, con i dieci artigli che pendevano come dieci lunghi coltelli sulla sua testa. La donna tremava come una foglia al vento, ma rimase ferma dov’era. «Per favore, caro orso», implorò, «per favore, ho fatto tutta questa strada perché ho bisogno di una cura per mio marito.» L’orso lasciò ricadere a terra le zampe sollevando una nuvola di neve, e osservò la faccia terrorizzata della donna. Per un attimo le parve di vedere intere catene montuose, vallate, fiumi e villaggi riflessi nei vecchi occhi dell’orso. Provò una gran pace, e smise di tremare. «Ti prego, caro orso, ti ho nutrito per tante notti, Potrei avere un pelo della luna crescente che hai sulla gola?» L’orso rifletteva, e pensava: Questa piccola donna sarebbe una facile preda. Ma, improvvisamente, provò per lei tanta pietà. «E vero», rispose l’orso dalla luna crescente, «sei stata buona con me. Puoi prendere un mio pelo. Ma fai in fretta, poi vattene subito, e tornatene a casa.») L’orso sollevò il muso perché potesse vedere la bianca luna crescente sulla gola, e la donna vide anche il suo cuore pulsare forte. La donna poggiò una mano sul collo dell’orso, e con l’altra prese un lucente pelo bianco, e in fretta lo strappò. L’orso indietreggiò e urlo come se fosse stato ferito. Poi il dolore si trasformò in stizza. «Oh, grazie mille, orso dalla luna crescente, grazie mille»» La donna si piegò in mille inchini, ma l’orso grugnì e fece un passo avanti. Urlò parole che lei non poteva comprendere, e che pure aveva sempre saputo. La donna si volse e volò giù dalla montagna. Corse sotto gli alberi con le foglie a stella. E sempre andava intonando: « Arigato-zaisho », per ringraziare gli alberi che sollevando i rami la lasciavano passare. Inciampò sui massi che parevano grosse pagnotte di pane urlando: « Arigato-zaisho », per ringraziare la montagna che l’aveva lasciata salire su per il suo corpo. Sebbene avesse gli abiti ridotti in brandelli, i capelli- tutti spettinati e la faccia sporca, si precipitò giù per gli scalini di pietra che portavano al villaggio, corse per la strada e raggiunse la capanna dove la guaritrice sedeva a curare il fuoco. «Guarda! Guarda! Eccolo, l’ho trovato; l’ho ottenuto, il pelo dell’orso dalla luna crescente!» urlava la giovane donna. «Bene», disse la guaritrice con un sorriso, Guardò attentamente la donna e prese il pelo bianco e lo guardò alla luce. Soppesò il lungo pelo in una mano, lo misurò con il dito, ed esclamò: «Si! E un autentico pelo dell’orso dalla luna crescente», Poi, d’improvviso, si volse è gettò il pelo nel fuoco, dove scoppietto e bruciò in una splendente fiamma arancione. «No!» urlò la donna, «Che cos hai fatto?» «Calmati. Va bene così. È tutto a posto», disse la guaritrice, «Ti ricordi tutto quello che hai fatto per scalare la montagna? Ricordi tutto quello che hai fatto per conquistare la fiducia dell’orso dalla luna crescente? Ricordi quel che hai visto, quel che hai udito, quel che hai sentito?» «Si», rispose la donna, «lo ricordo benissimo.» La vecchia guaritrice le sorrise dolcemente e disse: «Ora, per favore, figlia mia, torna a casa con queste tue nuove conoscenze e comportati nello stesso modo con tuo marito».

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